IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m. di convalida dell'arresto di Harabayh
Aitem,  nato  a Tunisi  il  1  gennaio  1978,  arrestato a Bologna il
26 novembre  2002  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-quinquies decreto
legislativo  n. 286/1998  - come modificato dalla legge n. 189/2002 -
per  la  contravvenzione  prevista e punita dall'art. 14, comma 5-ter
stessa legge;
    Premesso  che  l'arrestato e' stato espulso con provvedimento del
prefetto  di  Bologna  in  data  20 novembre  2002  e in pari data il
questore  di  Bologna  gli ha ordinato di allontanarsi dal territorio
dello  Stato  entro  cinque giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis
decreto   legislativo   n. 286/1998,   come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002  che in sede di convalida egli ha dichiarato di essere in
procinto  di lasciare il territorio nazionale, essendo l'ordine a suo
carico scaduto solo il giorno precedente quello dell'arresto;

                            Osservato che

    Il  decreto  legislativo n. 286/1998 come recentemente modificato
dalla  legge n. 189/2002 prevede l'espulsione dello straniero che sia
entrato  nel  territorio  dello  stato  sottraendosi  ai controlli di
frontiera  o  vi si sia trattenuto senza permesso di soggiorno valido
(art. 13, comma 2 lett. a-b);
    L'espulsione  e'  disposta dal prefetto ed e' sempre eseguita dal
questore  con  accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo della forza
pubblica  (art. 13, comma 4), salvo nei casi concernenti lo straniero
il cui permesso di soggiorno sia scaduto da piu' di sessanta giorni e
non  ne  sia  stato  chiesto  il  rinnovo,  per il quale l'espulsione
eseguita  mediante  accompagnamento  alla  frontiera viene sostituita
dall'intimazione  a lasciare il territorio dello stato entro quindici
giorni (art. 13, comma 5);
    La  regola  fissata dal comma 4 dell'art. 13 puo' essere derogata
quando  non  e'  possibile  eseguire  con  immediatezza  l'espulsione
mediante  accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il respingimento,
perche'  occorre  procedere al soccorso dello straniero, accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  sua identita' o nazionalita', ovvero
all'acquisizione   di   documenti   per   il   viaggio,   ovvero  per
l'indisponibilita'  di  vettore  o  altro  mezzo  di trasporto idoneo
(art. 14, comma 1);
    In  tal  caso il questore dispone che lo straniero sia trattenuto
per  il  tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza
temporanea e assistenza piu' vicino;
    Come   rimedio  ulteriore  ed  estremo,  qualora  non  sia  stato
possibile   trattenere   lo   straniero  nel  centro,  o  trattenerlo
ulteriormente  (essendo decorso il termine massimo di giorni 30+30 di
cui  al  comma 5  dell'art. 14), il questore ordina allo straniero di
lasciare  il  territorio  dello  stato  entro cinque giorni (art. 14,
comma 5-bis);
    Orbene,  implicitamente  confermando che la clandestinita' in se'
non  e'  reato  ma solo l'inottemperanza al relativo provvedimento di
espulsione,   il   legislatore   ha   contemplato   diverse   ipotesi
sanzionatorie per l'inosservanza dei diversi tipi di espulsione;
    La  disobbedienza  che si realizzi per la prima volta, di regola,
e'  un  illecito  contravvenzionale  (l'eccezione e' costituita dalla
trasgressione   all'espulsione  disposta  dal  giudice  a  titolo  di
sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione; art. 16 commi 1 e
5); le condotte sanzionate sono il rientro nel territorio dello stato
senza  speciale  autorizzazione  del Ministero dell'interno (art. 13,
comma  13)  e  il  trattenimento  ingiustificato nel territorio dello
stato  in  violazione  dell'ordine  impartito  dal  questore ai sensi
dell'art. 14  comma  5-bis;  per  entrambe le contravvenzioni la pena
prevista  e'  l'arresto  da sei mesi ad un anno ed e' previsto che si
proceda   a  nuova  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera
(art. 13, comma 13 in fine e art. 14, comma 5-ter in fine);
    La   reiterazione  della  condotta  disobbediente  (ovverosia  il
rientro   dello  straniero  gia'  denunciato  per  il  reato  di  cui
all'art. 13,  comma  13  o il rinvenimento nel territorio dello Stato
dello  straniero espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter) realizza
un  delitto,  punito  con la reclusione da 1 a 4 anni (art. 13, comma
13-bis in fine e art. 14, comma 5-quater);
    Quanto  agli aspetti processuali, gli artt. 13 e 14 prevedono per
i  reati  in  ciascuno  di essi contemplati rispettivamente l'arresto
facoltativo  in  flagranza  (art. 13, comma 13-ter; per la violazione
dell'art. 13-bis  e'  consentito  anche  il  fermo  fuori dei casi di
flagranza)  e  l'arresto  obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies) e
sempre il rito direttissimo;

                            Ritenuto che

    La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
5-quinquies  nella  parte  in cui prevede come obbligatorio l'arresto
per  il  reato  di  cui  al  comma  5-ter  appare  non manifestamente
infondata  e  rilevante  e  va sollevata d'ufficio per le ragioni che
seguono,   con   riferimento   ai  parametri  costituzionali  di  cui
all'art. 3 Cost.;
    I  reati contravvenzionali previsti dagli artt. 13 e 14 rivestono
quanto  meno  pari  gravita'; infatti sono sanzionati con la medesima
pena    edittale,   prevedono   identiche   conseguenze   sul   piano
amministrativo  (nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera)
e  penale  (lo  straniero  che,  dopo  essere stato denunciato per la
contravvenzione,  viene  nuovamente  colto nel territorio dello Stato
commette  un  delitto punito con la reclusione da 1 a 4 anni) in caso
di reiterazione della condotta;
    In  realta',  a  ben  vedere,  la condotta descritta all'art. 14,
comma 5-ter appare meno grave di quella di cui all'art. 13, comma 13;
in quest'ultimo caso lo straniero che, dopo essere stato accompagnato
coattivamente   alla   frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica  e
fisicamente  espulso  dal territorio dello Stato, vi rientra, pone in
essere  una  condotta  attiva  di trasgressione non solo ad un ordine
legalmente  dato  ma  anche ad attivita' che hanno impegnato lo Stato
con  risorse umane e materiali, e ha quindi mostrato un atteggiamento
volitivo  particolarmente  forte;  la  condotta  di  cui all'art. 14,
comma 5-ter  e' invece meramente omissiva, nel senso che lo straniero
"intimato"  si  limita  a  non adempiere l'ordine e a non presentarsi
alla frontiera nel termine indicato, atteggiamento che e' compatibile
anche con la semplice colpa;
    Se  e'  dunque  corretto  ritenere  che la contravvenzione di cui
all'art. 14,  comma  5-ter  e'  di gravita' pari o addirittura minore
rispetto  a  quella  di  cui  all'art. 13,  comma 13 non vi e' alcuna
ragione  che giustifichi la previsione di un arresto obbligatorio nel
primo caso e facoltativo nel secondo;
    Ma v'e' di piu'; l'art. 13, comma 13-ter prevede come facoltativo
l'arresto  anche  in  caso di commissione di uno dei delitti previsti
dal  precedente  comma  13-bis;  e  fra  essi,  oltre  a quello dello
straniero  che,  gia'  denunciato  per  la  contravvenzione di cui al
comma 13   e   nuovamente  espulso  con  nuovo  accompagnamento  alla
frontiera,  sia  rientrato  nel  territorio  dello Stato, vi e' anche
quello  di  violazione  dell'espulsione disposta dal giudice; orbene,
tale  espulsione  ai  sensi  dell'art. 16  del  decreto  puo'  essere
disposta  con  la sentenza, come sanzione sostitutiva di condanna per
reato  non colposo ad una pena detentiva entro il limite di due anni,
e  quindi anche in relazione a soggetti che hanno dimostrato gia', in
concreto,  di  essere  pericolosi,  tenuto  conto  dell'entita' della
condanna  loro  inflitta;  non  vi  e' alcun dubbio che tali soggetti
debbano  essere  ritenuti  piu'  pericolosi  e il loro reingresso nel
territorio  dello Stato piu' allarmante del semplice permanere di uno
straniero  la  cui  unica "colpa" e quella di avere trasgredito ad un
ordine  del  questore  che  gli  intimava di uscire dallo Stato entro
cinque giorni;
    Sembra pertanto indiscutibile che nel sistema degli artt. 13 e 14
il  legislatore  abbia trattato in maniera difforme situazioni quanto
meno uguali (prevedendo l'arresto obbligatorio per la contravvenzione
di   cui   all'art. 14,  comma 5-ter  e  quello  facoltativo  per  la
contravvenzione  di  cui  all'art. 13, comma 13) e maniera piu' grave
reati  di  minore  gravita'  (la  contravvenzione di cui all'art. 14,
comma 5-ter rispetto ai delitti di cui all'art. 13, comma 13-bis);
    Peraltro    l'arresto   obbligatorio   e'   istituto   riservato,
nell'attuale  ordinamento,  solo  ai  delitti  e  fra  essi  a quelli
particolarmente   gravi   indicati   nell'art. 380   c.p.p.;  nessuna
contravvenzione  prevede  l'arresto  obbligatorio  e solo una (art. 6
d.l.  n. 122/1993  convertito  in legge n. 205/1993) lo consente come
facolta';  anche  in  tale  ultima  ipotesi, inoltre, la condotta che
viene  sanzionata  in  via  preprocessuale con l'arresto in flagranza
appare  di  notevole  pericolosita'  sociale  (porto  nelle pubbliche
riunioni  di  armi  o  strumenti  atti ad offendere e porto di armi o
strumenti  atti  ad  offendere  per  ragioni di odio razziale, etnico
ecc.)  in confronto alla condotta di chi contravviene all'obbligo del
questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni;
    Ne'   la   disparita'   di   trattamento  sembra  trovare  alcuna
giustificazione di natura processuale o di politica criminale;
    Infatti  da un lato, poiche' nel nostro ordinamento e' consentito
procedere  nella  contumacia  dell'imputato,  non  appare  necessario
garantirne   fisicamente  la  presenza  di  fronte  al  giudice,  ne'
l'obbligatorieta'  dell'arresto  e' necessariamente collegata al rito
processuale   adottabile  (rito  direttissimo),  giacche'  lo  stesso
decreto   legislativo   n. 286/1998   prevede  il  rito  direttissimo
obbligatorio  per  i reati di cui all'art. 13, commi 13-bis e 13-ter,
per  i  quali  -  come  detto - l'arresto e' facoltativo, in tal modo
introducendo  una deroga al generale principio secondo cui l'adozione
del rito direttissimo e' generalmente collegata all'arresto (peraltro
gia'  il  comma  5 dell'art. 449 c.p.p prevede una ipotesi diversa di
rito  direttissimo,  collegato  alla  confessione dell'imputato e non
all'avvenuto  arresto; analogamente l'art. 12-bis d.l. 8 giugno 1992,
n. 302 stabilisce che per i reati concernenti le armi e gli esplosivi
il  pubblico  ministero  procede al giudizio direttissimo anche fuori
dei casi previsti dagli art. 449 e 558 c.p.p.);
    D'altro   lato,   va   rammentato   che   la  ratio  della  norma
incriminatrice  e'  quella  di  sanzionare  un  soggetto  che  si  e'
sottratto  all'esecuzione  volontaria  di  un  ordine dell'autorita',
ordine  che  e'  stato  emanato  perche'  egli si trova bensi' in una
condizione soggettiva particolare (senza documenti di identificazione
e  dunque  non  passibile  di  espulsione coatta verso un determinato
stato) ma in se' non illecita, non integrando alcuna ipotesi di reato
l'essere clandestino e non identificato; inoltre, scegliendo il reato
di   natura  contravvenzionale  (del  resto  conformemente  ad  altre
fattispecie  analoghe;  v. art. 650 c.p. e art. 2 legge n. 1423/1956)
lo stesso legislatore ha qualificato la condotta in termini di minore
gravita',  rendendo  anche impossibile l'adozione di qualunque misura
cautelare;  e'  ben  vero  che  nella  sfera  della  discrezionalita'
legislativa  rientrano  le  scelte  sulla  qualita' e quantita' delle
sanzioni e sui presupposti di applicabilita' delle misure cautelari e
precautelari, ma e' altrettanto vero che l'uso della discrezionalita'
legislativa puo' essere censurato sotto il profilo della legittimita'
costituzionale  nei  casi  in  cui non sia stato rispettato il limite
della ragionevolezza (crf. sentenze Corte costituzionale nn. 26/1979,
103/1982, 409/1989, 341/1994; secondo Corte costituzionale n. 53/1958
"non  si  compiono  valutazioni  di  natura  politica  e  nemmeno  si
controlla  l'uso  del  potere  discrezionale  del  legislatore  se si
dichiara  che  il  principio  dell'uguaglianza  e'  violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che esso stesso considera e dichiara diverse");
    Ne' puo' dubitarsi che il principio di uguaglianza, nonostante il
riferimento   letterale   dell'art. 3  Cost.  ai  "cittadini",  debba
ritenersi  esteso  anche  agli  stranieri,  allorche' si tratti della
tutela   dei  diritti  inviolabili  dell'uomo  (Corte  costituzionale
n. 104/1969);
    Nella  fattispecie  concreta  la  questione  e'  anche rilevante;
infatti  Harabayh  Aitem  e' stato privato della liberta' personale e
obbligatoriamente  arrestato,  a prescindere da qualunque valutazione
di  pericolosita',  per  la  violazione  dell'art. 14,  comma 5-ter e
condotto  avanti  al  giudice  per  la  convalida  dell'arresto  e il
giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 558 c.p.p.;
    La   circostanza   che  la  mancata  convalida  dell'arresto  del
prevenuto  nel  termine  previsto  dagli artt. 558 e 391 u.co. c.p.p.
determinera'  la  caducazione  della  misura, non puo' influire sulla
rilevanza   della   questione   di  legittimita',  come  puntualmente
osservato  dalla  Corte  costituzionale con sentenza n. 54/1993 nella
quale  si  legge  "il provvedimento di liberazione dell'arrestato era
imposto  dalla  disposizione dell'art. 391 settimo comma ultima parte
del codice di rito ... poiche' tale disposizione ricollega la perdita
di  efficacia dell'arresto alla carenza, per qualsiasi ragione, di un
provvedimento  positivo  di  convalida nello stesso termine, e' ovvio
che  l'impossibilita' di rispettarlo conseguente all'elevazione della
questione  comportava  (o  avrebbe  di  li'  a  poco  ineludibilmente
comportato)  l'intervento di tale autonoma causa di carenza di valido
titolo di detenzione, a prescindere dall'esaurimento del procedimento
di   convalida  che  ...  era  stato  contestualmente  sospeso.  Tale
procedimento  non  puo'  percio'  ritenersi  esaurito,  ne' di esso i
giudici  si  sono  spogliati:  e  la  sua  persistenza  nonostante la
liberazione  trova  ragione  nell'interesse generale ad una pronuncia
sulla  legittimita'  dell'arresto,  che ha pur sempre determinato una
privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della questione, dunque,
permane,  trattandosi  di  stabilire se la liberazione dell'arrestata
debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391 settimo
comma,  ovvero,  piu'  radicalmente,  alla  caducazione  con  effetto
retroattivo  della disposizione in base alla quale gli arresti furono
eseguiti".
    Sulla  base  delle  considerazioni fin qui svolte la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies decreto
legislativo n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 nella
parte  in  cui  prevede  come  obbligatorio  l'arresto  per  il reato
previsto  dal  comma 5-ter in relazione all'art. 3 della costituzione
appare non manifestamente infondata e rilevante.